Videochiamate: Google Meet, Microsoft Teams e WebEx raccolgono più dati del necessario

Oltre a Zoom, i ricercatori di Consumer Reports hanno esaminato altre piattaforme e app di videoconferenza riscontrando problemi di privacy

Non è solo Zoom ad avere problemi di privacy. Anche app e piattaforme per videochat e videoconferenza di Google, Microsoft e Cisco raccolgono molti dati degli utenti, senza che se ne abbia piena consapevolezza, stando alle conclusioni di una indagine condotta dai ricercatori di Consumer Reports.

Utenti record per videochat e teleconferenze
Per rallentare e controllare lo sviluppo della pandemia, le autorità di molti paesi hanno bloccato le attività e ristretto la libertà di movimento, imponendo alla popolazione di restare a casa. Come risultato, è cresciuto in modo straordinario l’uso di programmi e servizi di videochat e teleconferenza utili a organizzare incontri di lavoro, lezioni, o mantenersi in contatto con familiari e amici. Nel giro di poco tempo, il numero di download delle app per videochiamate e telelavoro è schizzato verso l’alto. Microsoft Teams ha raggiunto 75 milioni di utenti attivi con un incremento del 70 per cento in sole sei settimane. Zoom ha, invece, superato la cifra record di 300 milioni di persone che giornalmente partecipano alle videochat e riunioni organizzate sulla piattaforma.

Anche Google Meet, offerto gratuitamente, ha visto crescere iscritti e partecipazione. Lo stesso è successo a Houseparty, mentre, contemporaneamente, Facebook, per intercettare la nuova domanda, ha creato il servizio Messenger Rooms, consentendo videochiamate con un massimo di 50 utenti partecipanti.

 

 

 

Sicurezza e privacy sotto osservazione
Questa crescita improvvisa ha evidenziato in maniera scoperta i problemi di sicurezza e privacy delle app sempre più richieste dall’utenza. Zoom, specialmente, è finita sotto la lente della critica a causa di bug, lacune normative, furto di credenziali con vendita sul dark web e zoombombing. Fenomeno, permesso da una procedura di accesso insicura, che consiste in gravi intrusioni esterne durante lo svolgimento di videochiamate, disturbate da troll e malintenzionati con contenuti inappropriati e offensivi. Tanto che la piattaforma di Eric Yuan – bandita da paesi come Germania, Taiwan, Australia, India e Stati Uniti, e da varie agenzie e aziende dalla Nasa a Google – è stata costretta a ricorrere a nuove misure di sicurezza più di recente ad acquisire la start-up Keybase onde introdurre la crittografia end-to-ed, e a correggere in fretta e furia le falle sulla privacy.

Sotto questo aspetto, i ricercatori di Consumer Reports, ampliando l’analisi alle app concorrenti di Zoom, sulla falsariga di Mozilla, ne hanno messo in luce le criticità. Dall’esame delle informative sulla privacy di Webex (Cisco), Skype e Teams (Microsoft), Meet, Duo, e Hangouts (Google) è emersa opacità e poca trasparenza verso gli utenti. In particolare, nessuna delle aziende fornisce dettagli sul tipo di dati raccolti e su come vengano utilizzati.

Le differenze tra le privacy policy di Cisco, Microsoft e Google sono minime – spiega Bill Fitzgerald, ricercatore del Digital Lab di Consumer Reports. In generale, tutte e tre le società si riservano il diritto di conservare informazioni sulla durata di una chiamata, su chi partecipa, e sui loro indirizzi IP. I contenuti vengono registrati, anche se non usati a fini pubblicitari, e, potenzialmente, combinando i dati ottenuti con altri acquisiti da data broker, è possibile profilare ogni singolo utente risalendo alle sue abitudini. D’altra parte, i video delle chiamate memorizzati, grazie al consenso concesso, potrebbero anche essere impiegati per l’addestramento di sistemi di riconoscimento facciale. Una pratica che ha già in passato contrariato gli utenti.

Consigli a consumatori e big tech

Stando così le cose, Consumer Reports ha elaborato una serie di raccomandazioni, contenute in una lettera indirizzata alle aziende tech. L’obiettivo è quello di invitare big come Cisco, Microsoft e Google ad autoregolamentare le politiche sulla privacy riducendo ai minimi termini la raccolta dei dati degli utenti, limitandone l’utilizzo ai soli fini del miglioramento del servizio, e prevedendo il massimo della sicurezza nelle impostazioni di default. Ai consumatori viene, invece, consigliato di restringere la scelta a una piattaforma, affidarsi a email usa e getta per l’account, usare l’accortezza di spegnere microfono e fotocamera non appena possibile e, fare a meno della videochiamata quando, per ragioni di lavoro o di mera conversazione, basta soltanto una normale telefonata.

Fonti: www.lastampa.it