Diritto all’oblio & cronaca, equilibrio delicato

Uno dei temi più seguiti dagli addetti ai lavori è quello del «diritto all’oblio», in particolare quando e se questo diritto deve prevalere sul diritto di cronaca e di espressione. Mi viene segnalata, al riguardo, una recentissima determinazione del nostro Garante per la privacy relativa all’eventuale cancellazione di un articolo dell’archivio online di un quotidiano.

Uno dei temi più seguiti dagli addetti ai lavori è quello del «diritto all'oblio»

Quindi un tema attuale e delicato e su cui torno volentieri ricordando che il 13 maggio 2014 la Corte di giustizia europea ha introdotto il «diritto all’oblio», nel senso che ha stabilito che i cittadini Ue hanno diritto di richiedere ai motori di ricerca (quindi essenzialmente a Google) la rimozione di informazioni associate al proprio nome quando queste siano «inadeguate, irrilevanti, non pertinenti o non più pertinenti».

Qualora il motore non ottemperi, l’interessato può adire le competenti autorità nazionali che valutano la fattispecie e, se del caso, possono imporre allo stesso motore di ricerca la soppressione del link. Le autorità nazionali, scriveva allora la Corte, dovranno bilanciare il diritto alla protezione dei dati personali con l’interesse generale a una corretta e completa informazione. Come è facile intuire, è proprio questo «necessario bilanciamento» l’aspetto più delicato di tutta la procedura.

Mauro Masi, Presidente di Consap, delegato italiano alla Proprietà intellettuale

(Nella foto: Mauro Masi, Presidente di Consap, delegato italiano alla Proprietà intellettuale)

Il successivo Regolamento europeo sulla protezione dei dati del 2016 ha dedicato un apposito articolo, il 17, al diritto alla cancellazione, al diritto all’oblio, attribuendo al soggetto interessato il diritto alla cancellazione dei dati personali che lo riguardino, con conseguente obbligo ad adempiere a carico del titolare del trattamento dei dati, e ciò al verificarsi di alcune condizioni tra cui la mancata attuale corrispondenza e necessarietà rispetto alla finalità per cui essi erano stati trattati; la revoca del consenso in precedenza prestato; l’opposizione al trattamento o la sua illiceità; la necessità di adempiere un obbligo legale; la raccolta avvenuta per offerta di servizi della società dell’informazione.

Tuttavia il diritto all’oblio viene inteso dal Regolamento 216/679 in un’accezione molto specifica in quanto non si riferisce al bilanciamento tra diritto alla libertà di stampa e al rispetto della vita privata ma fa riferimento a un diverso aspetto e cioè al diritto del soggetto a ottenere la cancellazione dei dati in un contesto, quale quello digitale, in cui risulta estremamente agevole la diffusione di determinate informazioni relative alla persona nonché la possibilità di utilizzo delle stesse per finalità che travalichino il motivo per cui erano state (anche legittimamente) acquisite.

È rimasto quindi aperto e, sostanzialmente, indeterminato il tema più delicato e cioè quello del bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto all’oblio e ciò perché mancano, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, criteri univoci di riferimento che consentano di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto a chiedere che una notizia apparsa in passato non rimanga esposta sul web a tempo indeterminato.

Mi piace tuttavia sottolineare che da noi è stato fatto, pochi mesi fa, un importante passo avanti sul tema attraverso una «storica» sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione che (esaminato un caso risalente al 2009; il quotidiano l’Unione Sarda aveva rievocato a distanza di 27 anni una vicenda di omicidio familiare) hanno affermato che il diritto all’oblio è un diritto costituzionalmente garantito e in quanto tale merita adeguata tutela e che lo stesso, in mancanza dell’interesse pubblico attuale, deve prevalere sul diritto di cronaca.

(Fonte: Italia Oggi del 22 maggio 2021 – Articolo di Mauro Masi)